Simone, hai ripreso a sostenere esami, anche grazie ad Academic Coach: quanto è importante? Quali sono i punti di forza del progetto?
Il mio percorso universitario ha avuto dei momenti molto positivi poiché dopo che ho riiniziato due anni fa la mia vita universitaria ho raggiunto tutti gli obiettivi che mi ero prefissato. Logicamente coadiuvare lo sport ad alto livello con lo studio non è cosa semplicissima, soprattutto per il carico di lavoro che mi occupa la pallavolo; non posso pretendere di essere alla pari con gli studenti che frequentano lezioni e seminari, ma devo dire che cerco di darmi come obiettivi due esami a sessione. Devo dire che essendo stato uno dei fondatori insieme al professor Schena, la professoressa Vitali, all’ex direttore dell’ESU Gabriele Verza del Academic Coach, non posso che essere soddisfatto di quello che stiamo continuando a fare. Dico questo perché vuol dire che la mia idea ha avuto dei riscontri positivi all’interno dell’Ateneo di Verona.
Il rapporto con il tuo tutor Nicola Marson? Come ti supporta?
Il rapporto con Nicola è ottimo, abbiamo trovato una bella alchimia. Ogni sessione d’esame ci diamo degli obiettivi. Abbiamo dei momenti in cui ci sentiamo settimanalmente per fare il punto sul mio livello di studio e sull’organizzazione dell’esame.
E tu, Nicola, cosa pensi del progetto Academic Coach?
Credo sia in assoluto uno dei migliori progetti in ambito sportivo che l’Università abbia mai promosso. A tal proposito, mi auguro che il progetto si espanda ancora e diventi una realtà indispensabile per il nostro Ateneo. Sembrerà banale, ma il punto di forza principale è proprio il perseguire l’obbiettivo della doppia carriera, in un periodo storico in cui l’abbandono sportivo in età giovanile, da una parte, e il tasso di dispersione scolastica degli atleti di alto livello, dall’altra, sono ancora troppo alti. Urge un cambiamento di rotta e Academic Coach è un ottimo punto di partenza.
Come segui Simone, alcune indicazioni pratiche sulla metodologia che hai adottato.
Diciamo che il ruolo principale del Tutor è quello di agevolare lo studente-atleta per quanto riguarda la programmazione dello studio e la gestione della burocrazia. Nel concreto, noi non li aiutiamo a studiare, consigliamo cosa e come studiare. Se poi, come nel caso di Simone, lo studente-atleta è impossibilitato per ragioni sportive a raggiungere fisicamente l’università per consegnare dei documenti o andare a ricevimento da un professore, noi sopperiamo con la nostra presenza. Poi dipende dalle varie casistiche, ogni studente-atleta ha le sue esigenze. Una peculiarità che abbiamo in comune io e Simone è che siamo abituati a lavorare ponendoci degli obbiettivi, questo è stato il principale collante fra di noi. Prima di ogni sessione abbiamo sempre concordato gli esami da dare e le tempistiche. Abbiamo anche deciso insieme di saltare completamente una sessione perché gli impegni sportivi erano troppi. C’è stato poi bisogno di reperire materiali e informazioni relative a un esame, a una materia. Ci sono stati problemi con il piano di studi e con le propedeuticità. Insomma, tutte cose risolvibili autonomamente per uno studente a tempo pieno, un po’ meno per un atleta che vive in un’altra città e che si allena due volte al giorno tutti i giorni.
Cosa ti ha spinto, Nicola, a partecipare al programma?
Ho fatto nuoto agonistico fino alla fine delle superiori ed in quinta liceo ho avuto i primi sintomi del “burnout” sportivo, che si è poi concretizzato appena giunto all’Università. Si è trattato di fare una scelta, o la scuola o lo sport. Ho ripreso a nuotare quest’anno, dopo 4 anni di stop. Ecco, io vorrei che la doppia carriera diventasse la terza scelta. Questo per me è molto motivante.
Le difficoltà incontrate?
Parecchie. Durante il progetto pilota durato 6 mesi Simone giocava a Verona ed era iscritto a Scienze Motorie da un anno, senza però aver mai dato un esame. Ci siamo incontrati spesso e facendo un’attenta pianificazione siamo riusciti in una sola sessione a dare 3 esami e a sbloccare la carriera. A Settembre 2017 si è trasferito a Perugia, squadra con cui in quell’anno ha vinto Campionato, Coppa Italia e Supercoppa Italiana, arrivando persino 3° in Champions League. L’apice della sua carriera sportiva è coinciso con un anno di stop accademico. Infatti, nell’a.a. 2017-2018 non siamo riusciti a dare neanche un esame, gli impegni sportivi erano troppi e troppo importanti. È stato un anno difficile, lo studio era passato in secondo piano. Simone, però, è un ragazzo estremamente caparbio e approfittando del passaggio di squadra da Perugia a Modena (molto più vicina a Verona) ha deciso di rimettersi nuovamente in gioco e in questa sessione è riuscito a passare due esami, sbloccandosi di nuovo.
E allora Simone, veniamo alla pallavolo: quando e come hai iniziato a praticare questo sport? La tua esperienza ad oggi.
La pallavolo è entrata a far parte della mia vita nel 2007, quando dopo anni e anni da “grande giocatore di calcio”, ho deciso di provare a giocare a pallavolo. Tutto iniziò per divertimento in una piccola società nella provincia di Como, Yaka Volley. In quell’anno venni convocato dalla selezione Regionale Lombardia nel luglio 2008 per partecipare al Trofeo delle Regioni, la più importante manifestazione giovanile: le mie ambizioni erano quelle di divertirmi. Ma tornato a casa dopo il torneo ricevetti la chiamata della Sisley Treviso, storica squadra del campionato italiano, per far parte delle loro giovanili. Quindi a settembre 2008 mi trasferii a Treviso e li iniziò la mia avventura da “vero pallavolista”. Dopo 3 anni fantastici a Treviso, dopo la maturità, nel 2011, venni ingaggiato dalla Pallavolo Loreto in A2: li è iniziata la mia carriera professionistica. L’anno successivo andai a Sora, in provincia di Frosinone, sempre in A2 per poi nell’anno 2013 il mio approdo nella massima categoria di A1 a Verona. Dopo quattro anni nella città scaligera passai a Perugia dove sono riuscito a conquistare il famigerato Triplete (nella pallavolo consiste nella vittoria della Super Coppa Italiana, Coppa Italia e Scudetto). Quest’anno milito nel Modena volley. Ho esordito in Nazionale nel 2014. Ricordo ancora l’emozione che ho trovato quando il coach mi ha chiamato per entrare in campo. Cuore a mille, mi sudavano le mani, ma appena varcata la linea del rettangolo di gioco tutto è scomparso, e ho giocato con la testa libera e spensierata. La Nazionale è qualcosa che è difficile da spiegare. Le emozioni che si provano nell’indossare la maglia Azzurra, cantare l’Inno di Mameli sono sensazioni uniche. vestire la maglia della Nazionale non è come giocare in un club, ma c’è la responsabilità di rappresentare un popolo, una nazione intera.
Si dice che si inizia a giocare per passione, ma questa passione desiderante non viene mai interrogata fino in fondo. Riusciresti a esplicitarla?
Da piccolo come la maggior parte dei bambini italiani si inizia a giocare a calcio. “La calciofilia” italiana purtroppo è un fenomeno che va a discapito dei cosiddetti sport minori. Ad un certo punto però ho scoperto questo bellissimo sport che è la pallavolo che riesce a fare emozionare noi attori protagonisti ma anche tantissimi fans. E allenamento dopo allenamento ho capito che questo sport mi stava entrando nel cuore. Il bello è che più vado avanti più capisco che quando riesci a fare diventare una tua passione il tuo lavoro tutto è più semplice e le prestazioni migliori.
Il ruolo che ricopri in campo: un ruolo che ti appartiene? Ti sei mai sentito fuori ruolo?
Il mio ruolo è il centrale, ovvero colui che deve “murare” gli attacchi avversari, oltre che attaccare al centro della rete. Da quando ho iniziato a schiacciare ho ricoperto questo ruolo e penso che non ci sia altro ruolo che riesca a ricoprire, lo ammetto perché negli altri ruoli sono veramente una pippa.
Cosa è conta di più in questo sport?
Nella pallavolo uno degli elementi che conta più di tutti è la fiducia nel compagno poiché è uno dei pochi sport dove per regolamento ogni giocatore deve fare solo un tocco, e l’azione di gioco dipende da più giocatori. E per questo motivo bisogno far si che l’unione tra i giocatori e il sistema di squadra sia molto solido.
La pallavolo in Italia e il movimento giovanile: che prospettive vedi?
La pallavolo giovanile in Italia purtroppo non è più come qualche anno fa, poiché le società che investono ancora sui settori giovanili sono pochissime. Ricordo i miei anni a Treviso, ormai si parla di 10 anni fa, la maggior parte delle compagini di A1 avevano dei settori giovanili molto bene organizzati e che hanno dato la possibilità a molti atleti di esordire nell’attuale Superlega e addirittura in Nazionale seniores. Penso che questo “decadimento” dei settori giovanili sia una delle macchie che nello sport italiano si sta sempre più ampliando. Investire sui giovani infatti secondo il mio parere è il miglior modo di essere ripagati nel futuro degli sforzi che si sono fatti.
Chiudiamo, quali i prossimi impegni accademici?
Sono segreti non posso rivelarli: scherzo! I prossimi impegni sono a giugno con l’esame di Biologia e Anatomia.